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glio lasciarlo tranquillo. Inoltre bisogna bene che ci occupiamo senza indugio del povero Beppe. Andai con lui al presbiterio a congedarmi. Don Luigi non cerco di trattenermi: prese la la mano ch'io gli porsi rispettosamente, mi tiro a se, mi abbraccio con effusione senza far motto. Il segretario fu tanto buono da cedermi la sua cavalcatura e partimmo col dottore. Allo svolto dove la strada passa ancora sotto Sulzena prima di seguir la vallata mi volsi e diedi un'ultima volta uno sguardo di tenerezza al presbiterio che stendeva modestamente al sole cadente i suoi muri bianchi e le ultime foglie rosse del suo pergolato. Dal muricciuolo dell'orto la Mansueta mi salutava scuotendo il suo grembiale con ambe le mani. Nella confusione della partenza m'ero dimenticato di lei. Eppure dopo tanti anni ho ancora vivissima in me la sua immagine! Povera vecchia, santa donna: quanto mi sono rimproverato di non essere tornato indietro a stringer la sua mano aggrinzita dal lavoro! Allora non credevo di non averla a riveder piu. Addio! con un cenno di mano si piglia commiato per tutta l'eternita! Si faceva tardi; mettemmo i cavalli al galoppo. A qualche miglia da Sulzena passammo innanzi ai carabinieri che menavano il Beppe. Lo chiamai per nome. Non intese. Camminava colle braccia ammanettate in croce sul petto, colla testa china, col fare stralunato di un uomo che ha l'animo fuori di questo mondo. XXVII. Il dottore era tanto impaziente di raccontarci la sua storia quanto noi di ascoltarla. La strada c'era sembrata lunga. Percio non appena arrivammo a casa sua, ci chiudemmo nel suo studio e di tacito accordo si venne subito all'argomento. Egli parlo per piu di tre ore col linguaggio sobrio e al tempo stesso colorito di un uomo di mondo che discorre di cose serie. A parte la speciale gravita delle circostanze, il suo racconto era per se stesso molto interessante. E tal sembrerebbe cosi anche ai miei lettori, se potessi ripeterlo com'egli lo espose. Ma sono costretto a riassumere alla meglio. IL ROMANZO DEL DOTTORE. Il signor De Emma aveva avuto una gioventu burrascosa. Travolto, fin dai primi anni nelle fortunose vicende del 1821 aveva visto il padre, antico e venerando patriota morire in una delle terribili fortezze dell'Austria ed egli stesso aveva dovuto al nome di quella vittima illustre di poter sfuggire quasi miracolosamente alle prigioni di Mantova da cui, a istrutto
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