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i mostrava grande paura. Egli, imprudente, che non poteva rassegnarsi a perdere quest'insperata avventura, le rispondeva qualche volta ed ella conservava le lettere. S'era informata e sapeva che potevano servire come principio di prova legale. Quando ebbe finito il suo racconto, il sentimento del giusto si sollevo in me. --Rosilde, amica mia, le dissi con una certa severita, quel che fate non ista bene, e io non posso in coscienza farmi complice vostro. Il suo viso si contrasse paurosamente,--il pensiero ch'io potessi distruggere l'edifizio con tante pene innalzato, la mise alla disperazione. Mi guardo cupamente e disse: --Ebbene io mi ammazzero e finiro ogni cosa... E alzatasi repentinamente con una vivacita di cui non l'avrei creduta capace, sbatte il capo nel muro due o tre volte prima ch'io potessi trattenerla. Riuscii, con stento, a calmarla. E inutile dire che le giurai di tacere. Pero qualche ora dopo, cercai d'intenerirla con altre ragioni: le parlai della creatura che stava per nascere: le feci presentire cio che avrebbe avuto a soffrir dal De Boni a cui ella lo imponeva. Strano! ella non aveva mai pensato al frutto delle sue viscere! Fu tocca dalle mie osservazioni:--si raccolse dolorosamente; lagrime cocenti le sgorgarono dagli occhi. Ma subitamente si rassereno e mi disse: --Ebbene voi siete buono, ci penserete un po' voi a difenderlo. Fu la prima volta, credo, che parlasse di suo figlio che nacque quella sera stessa. Ma in quegli ultimi giorni della sua vita se ne occupo assiduamente e lo raccomando a me ed alla Mansueta che le avevo condotta. La vigilia della morte, disse a Mansueta di porgli nome Aminta, nell'agonia essa pensava ancora alla Carbonaia! Volle rivedere Don Luigi: il suo occhio moribondo si spense in uno sguardo di amore per lui!... Il dottore fu ancora lui a rompere il silenzio e disse ad Attilio: Signor avvocato, se avesse veduto la Rosilde in quei tali momenti avrebbe promesso come me di non funestare la vita dell'uomo ch'ella ha tanto amato. Quanto a Don Luigi e superfluo dirle che egli, appena sospetto i vincoli che lo legavano ad Aminta mise a repentaglio la sua pace, per sottrarlo alle torture del De Boni. Attilio era commosso quanto me. Egli disse che era persuaso e che non avrebbe tenuto conto della calunnia del Sindaco. Io partii quella stessa sera per Milano e l'indomani cercai un avvocato per il povero Beppe. Il dibattimento si fece
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